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Anche l’occhio vuole la sua parte

Questo post vuole essere un mio personalissimo omaggio a Cavoletto di Bruxelles, un bellissimo blog che ci invoglia a provare deliziose ricette ispirando i nostri sensi grazie a foto di pregevole fattura.
E mentre lei si gode le meritate vacanze, “a fare con impegno ciò che fa la gente in ferie, ovvero niente d’importante. E, accessoriamente, raccogliere fichi, guardare crescere le olive, comprare ricottine del pastore alle 6 del mattino, sbucciare fichi d’india ed essicare pomodori…”, io, che le vacanze non le posso neanche sognare, mi consolerò provando qualcuna delle sue ricette.
Lo ammetto: non sono bravo a cucinare il pesce (a pensarci bene, forse non so cucinare proprio nulla che abbia a che fare con il pesce!), ed è quindi con un pizzico di curiosità in più del solito che voglio provare a fare il pesce spada con agrumi. Ditemi voi se questa foto (anche questa della cara Sigrid) non rende ancora più irresistibilmente invitante questa ricetta!
Pesce spada con agrumi

Ciceri e tria

Questa ricetta è un’autentica specialità della cucina salentina. Ecco come io preparo i ciceri e tria (Pasta e ceci alla salentina):

Tenere da parte una porzione di tria (la tria è una specie di tagliatella casereccia, fatta con semola di grano duro). Portare ad ebollizione una zuppa di ceci molto brodosa.
Far rosolare in una padella di ferro uno spicchio d’aglio in olio d’oliva. Una volta imbiondato, toglierlo dalla padella e aggiungere un po’ di peperoncino. Abbassare il fuoco e aggiungere immediatamente la tria tenuta da parte, facendola friggere finchè non diventa di color ambra (attenzione a non bruciarla).
Nella pentola con la zuppa di ceci, una volta raggiunta l’ebollizione, versare il resto della tria, e lasciarla cuocere. Aggiustare di sale e lasciar cuocere.
Quando la tria è pronta, spegnere la fiamma e versare nella pentola la tria fritta (con tutto l’olio della padella). Mescolare per bene, e servire in tavola.

Si accompagna meravigliosamente con vini rossi di corpo. Io spesso accompagno con del primitivo del Salento.

Impromptu

Quando mi metto ai fornelli, mi piace improvvisare. È vero che spesso sono costretto, trovandomi sempre con pochi ingredienti in casa; ma non mi faccio demoralizzare, e mi invento qualcosa. Stasera è bastato veramente poco per mangiare benissimo.
Mi sono ritrovato per le mani una pancetta con il peperoncino (venendo questa pancetta dalla Calabria, poteva mancare il peperoncino?), di quelle fatte in casa. Ne ho tagliata un po’ a dadini, e l’ho messa a rosolare in una padella con un cucchiaio di olio d’oliva. Quando la pancetta era diventata bella croccante, l’ho tolta dal fuoco e ho aggiunto un cucchiaino di un’ottima salsa composta da melanzane, carciofi, olive verdi, cicoria selvatica, capperi, sedano, aglio, erbe aromatiche, oltre che abbondante peperoncino (si, indovinato: anche questa viene dalla Calabria). Ho scolato la pasta che intanto ho cucinato, l’ho versata nella padella, e ho fatto saltare il tutto, aggiungendo un po’ di formaggio di fossa (no, questo ovviamente non era calabrese ;)) grattugiato.

Risotto con gli ossibuchi

Risotto con gli ossibuchiIl pranzo domenicale di oggi è consistito in una abbondante porzione di risotto con gli ossibuchi, una tradizionale ricetta milanese … se non fosse che la cuoca è siciliana. Ad ogni modo, uno dei migliori risotti con gli ossibuchi che io abbia mai mangiato.

la Monella.jpgData la pastosità del risotto e la quantità di grassi contenuti nell’ossobuco, ho optato per un vino rosso brioso e leggermente frizzante che realizza un ottimo contrasto, come la barbera del Monferrato “la Monella” di Giacomo Bologna.

Ingredienti per l’ossobuco

  • ossibuchi di vitello
  • farina
  • prezzemolo (solo le foglie)
  • aglio
  • scorza di limone (eliminare completamente la parte bianca)
  • filetti di alice sott’olio
  • vino bianco
  • olio extravergine di oliva
  • burro
  • brodo

Infarinare leggermente gli ossibuchi e farli rosolare in olio e burro. Aggiungere il vino bianco e farlo sfumare.

Preparare un trito fine di prezzemolo, aglio, olio, scorza di limone e cospargerne gli ossibuchi. Aggiungere un filetto di alice per ogni ossobuco.

Aggiungere il brodo e portare a cottura a fuoco lento, facendo attenzione che la farina non attacchi.

A parte, si prepara il classico risotto alla milanese e a fine cottura si aggiunge, oltre a zafferano e parmigiano grattuggiato, il sugo di cottura degli ossibuchi.

Assicuratevi di avere un ossobuco con una adeguata dose di midollo il quale, unito al risotto, gli conferisce un gusto straordinario.

Il mio ragù alla bolognese

Questa è una delle mie ricette più apprezzate. Ho imparato a fare un buon ragù nei tre anni in cui ho vissuto a Ferrara. Non corrisponde sicuramente, quindi, all’originale ragù alla bolognese, anche per le lievi modifiche che gli ho apportato nel tempo, ma leggendo ricette di ragù alla bolognese qua e là, mi sembra di poter dire che comunque non se ne distanzia poi troppo.

Credo che, in fondo, il trucco sia soprattutto uno: la lunga cottura. Io infatti lo tengo sul fuoco sempre almeno cinque ore. A volte di più, ma mai meno.

Vediamo dunque come procedo. Tenete comunque in considerazione che le dosi le misuro con lo spannometro 😉 Con il tempo, probabilmente, vi troverete a modificarla ulteriormente, sia per l’esperienza che si accumula, sia per un (eventuale) palato diverso. Insomma, questo non è il ragù alla bolognese originale duro e puro. Modificatelo a vostro piacimento. Capirete poi cosa può essere cambiato e cosa no (sulla durata della cottura sarò tenacemente testardo: almeno cinque ore!).

Tritare una carota, una cipolla, un gambo di sedano. Soffriggerli in una pentola (di solito uso pentole basse o padelle alte e grandi) con olio d’oliva extra vergine. Aggiungere mezzo kilo abbondante di carne macinata, meglio un mix di maiale e manzo (in giornata di ispirazione, va bene aggiungere anche una o due salsicce sbriciolate e/o delle fettine di pancetta ben tritate). Cuocere un po’ la carne e aggiungere un bicchiere o due di vino rosso (tendenzialmente lo stesso vino che berrete per accompagnare la pasta al ragù – perfetto un Chianti classico). Quando il vino è evaporato, aggiungere un po’ di passata di pomodoro (un po’ potrebbe corrispondere a 400 grammi circa) e un po’ d’acqua (un mezzo bicchiere, giusto per allungare un pochino la passata). Mescolare bene il tutto e abbassare la fiamma del fuoco.
A questo punto, inizia la lunga cottura. Aggiungete un paio di mestoli di brodo, girate un attimo il ragù, e lasciatelo cuocere lentamente. Ogni volta che sta per asciugarsi, aggiungere un paio di mestoli di brodo. Avanti così per qualche ora. In genere io faccio durare questa parte della cottura cinque ore, ma posso capire se alla quarta ora vi stancate 🙂 (prima no, non lo potrei accettare ;)).
Passate le ore di cottura, il vostro fantastico ragù è pronto per essere sacrificato su delle ottime tagliatelle all’uovo. Ma se prima volete aggiungere un po’ di burro va benissimo. Io solitamente preparo abbastanza ragù da farmelo durare un paio di giorni (con tutto il tempo che mi ci vuole! :)).
Ecco quindi che il burro lo metto solo in padella, quando salto il ragù (giusto la quantità che mi serve per condire il piatto) con le tagliatelle nella padella.
Non sono solito aggiungere formaggio, perchè il piatto è talmente saporito di suo che non ne ha bisogno, ma ovviamente avete carta bianca. De gustibus non disputandum est, no?
Servite accompagnando con un buon vino rosso di corpo.