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Il pasticciotto

Il pasticciotto, tipico dolce di Lecce

A Lecce, come in tutto il Salento, la vera colazione si fa con il pasticciotto, un tipico dolce di pasta frolla ripieno di crema pasticcera e cotto in forno.

Il pasticciotto leccese è un prodotto che il Comune di Lecce ha deciso di tutelare con la De.Co. (Denominazione Comunale), attestazione che lega un prodotto al suo luogo storico d’origine. Peccato però che il pasticciotto sia nato non a Lecce ma a Galatina (comune nella provincia di Lecce).

Nel 1745 il pasticciere Ascalone, che sta vivendo una situazione finanziaria non facile, pensa e ripensa ad una ricetta di dolce che possa attirare un numero adeguato di forestieri attesi per la festa del santo patrono, occasione unica per provare a risollevare le sorti del proprio esercizio.

Tra una prova e l’altra, Ascalone si ritrova un impasto e un po’ di crema insufficiente per preparare una torta. Decide di usarli ugualmente (‘che non si butta via nulla, tanto meno in tempo di crisi) e li mette in una piccola forma di rame facendone una piccola torta alla crema. Nonostante il risultato sia cattivo (un pasticcio!), lo inforna ugualmente.

Il prodotto, a dispetto delle aspettative, piace però moltissimo. Dalla richiesta di averne altri al successo, il passo è breve. Il pasticciotto diventa famoso in tutta la provincia di Lecce e i clienti arrivano da tutte le parti per comprare questa delizia nella pasticceria di Ascalone.

Ancora oggi potete andare a Galatina in via Vittorio Emanuele, al numero 17, e gustare un delizioso pasticciotto nella pasticceria Ascalone. Per fortuna, si trovano ottimi pasticciotti in moltissimi altri posti: il più è conoscerli.

La mortandela della Val di Non

La mortandèla della Val di Non (presidio Slow Food) è un salume artigianale di suino di lunga tradizione. Al giorno d’oggi i produttori continuano a preparare questa specialità come da tradizione, anche se trovare maiali pesanti e buoni allevati con alimenti naturali è sempre più difficile.

La mortandèla viene prodotta usando diverse parti del maiale, disossando la carne, eliminando grasso e nervi e macinando il tutto. Il preparato viene conciato con sale, pepe e pimento. Con l’impasto lavorato a mano vengono poi fatte delle polpette di medie dimensioni (stanno nel palmo di una mano) che vengono disposte su tavole di legno ricoperte di farina di grano saraceno per 12 ore per una prima asciugatura.
Le mortandèle vengono poi messe ad affumicare (ad una temperatura di 25°) per alcune ore in modo da conferire loro un gusto davvero inconfondibile. Dopo di che, è il turno della stagionatura, che invero è molto breve: una settimana è sufficiente, anche se un mese di affumicatura è consigliabile.

La mortandèla è, quindi, un prodotto sostanzialmente fresco, con un gusto pieno, dove le spezie si fanno sentire al punto giusto, senza esagerazione. Può essere consumata cruda oppure cotta, in questo caso accompagnata da patate (anche a purè) o polenta.

p.s. ovviamente, la mortandèla non ha nulla a che fare con la mortadella!

Vinoclic

Vinoclic è una concessionaria di pubblicità online che opera nel settore del food&wine. Nasce dalla lunga esperienza di Tigullio Vino, uno dei più grandi portali italiani sul mondo del vino.

Da ieri, anche Di Vino & Cibo è entrato a far parte di questo network, nel quale sono presenti già un bel numero di siti (portali, social network e blog) di qualità del settore.

Questo significa che se volete promuovere la vostra azienda (in tema, che promuovere su Di Vino & Cibo un sito che vende bulloni magari serve a poco) su questo blog potete farlo facilmente attraverso Vinoclic, che vi assiste egregiamente (e lo dico per esperienza – Filippo scusami se ieri ti ho rubato tanto tempo per dettagli) in tutto e per tutto.

Fare pubblicità sul network di Vinoclic significa assicurarsi visibilità su siti di qualità (molti di questi io li seguo con discreta regolarità) ed in target.

Pausa pranzo a Firenze

A Firenze non c’è molto l’abitudine di pranzare al ristorante. Spesso si preferisce fermarsi in un bar che fa piatti caldi. I bar sono così bene organizzati che non solo accettano i ticket restaurant, ma offrono di tutto ai loro clienti: primi piatti, secondi, contorni, pizza, insalatone. Ma la vera tradizione per molti lavoratori e studenti è mangiare per strada: fermarsi dal trippaio e farsi un panino.
Con cosa? Beh ovviamente con la trippa (in umido o in bianco), ma spesso il panino è col lampredotto.

Cos’è? Il lampredotto è una parte interna, diciamo quella più in fondo, dello stomaco della mucca. E’ una carne delicata e magra, bollita a lungo nel brodo (fatto di pomodoro e odori).

Nei chioschini per strada (spesso sono furgoni con le ruote) il lampredotto continua a bollire nel caldo per ore. In pieno inverno c’è gente che mangia per strada, apprezzando il calore che ne scaturisce.

Al momento dell’ordine, il trippaio tira fuori dal pentolone una porzione, la sminuzza con ferocia sopra il tagliere e la infila nel pane, anch’esso intinto nel brodo per acquistare sapore. A richiesta può versare sopra un po’ di salsa verde o piccante. Mangiarlo senza sbrodolarsi è praticamente impossibile. Ma proprio quello è il bello! Lo si accompagna col classico bicchiere di vino rosso toscano.

In alternativa il trippaio può servire il lampredotto nella vaschetta. Questa è la versione originale.

Poi, ovviamente, come tutte le cose, ci sono le varianti: il lampredotto in inzimino, con i porri o i carciofi, con la ribollita. E c’è anche la trippa, la poppa, la zampa… ma prima è necessario assaggiare
il miglior lampredotto di Firenze. Soltanto dopo vale la pena provare altre specialità!

Salama da sugo

La salama da sugo è uno dei preparati più famosi e consumati a Ferrara. La salama da sugo è un insaccato fatto con coppa di collo, pancetta, lardo di gola, fegato e lingua di suini. Questo impasto viene conciato con sale, pepe e vino rosso (a volte anche con cannella, noce moscata e chiodi di garofano). Insaccata nella vescica, la salama da sugo viene legata con lo spago e stagionata in locali bui e isolati termicamente per un periodo di sei/nove mesi (una volta la stagionatura durava anche due anni: ah, la fretta dei tempi moderni…).

Questo insaccato va cotto a lungo per poter essere gustato. Mettete la salama in un sacchetto da cottura, immergetela in una pentola capiente piena d’acqua fredda, legandola ad un mestolo da appoggiare sui bordi della pentola in modo da evitare che la salama da sugo sia a contatto con il fondo della pentola e cuocete per diverse ore (diciamo cinque o sei ore) a fuoco medio.

Dato il suo gusto estremamente intenso, viene sempre accompagnata da purè di patate. Accompagnate con abbondante vino rosso e preparatevi per una lenta digestione 😉

Salam d’la duja

Questo tipico salume piemontese si ottiene con un trito misto di carni scelte e magre (spalla, coppa e ritagli di coscia) e di grasso di lardo o pancetta. Viene conciato con sale, pepe, aglio e Barbera. Viene poi insaccato in budello di manzo o vitello e fatto asciugare per tre giorni in luoghi freschi e ventilati. A questo punto gli insaccati vengono introdotti nella duja, un grande orcio di terracotta. Il salame viene poi ricoperto da strutto fuso che raffreddandosi si solidifica e conserva il salam d’la duja dall’ossidazione. La stagionatura dura da tre mesi ad un anno. Più lunga è la conservazione sotto grasso e più morbido e piccante risulterà il prodotto finale.

Trovare il salam d’la duja non è facile, nelle botteghe alimentari della nostra penisola. Ma sicuramente riuscirete a trovare un negozio online che ve la può comodamente recapitare a casa.

L’Ambra di Talamello

L’Ambra di Talamello è un formaggio a pasta morbida fatto a Talamello, in provincia di Pesaro. Si chiama così grazie al poeta Tonino Guerra, ispirato dal colore che le caciotte e i pecorini di Montefeltro assumono durante la stagionatura nelle fosse.

Spesso l’ambra di Talamella è fatta con latte ovino e caprino, ma a volte si trova anche una versione ottenuta esclusivamente da latte caprino, soprattutto in produzioni artigianali.

La pasta morbida e friabile ha un colore che varia dal bianco sporco al nocciola chiaro, passando per il giallo paglierino. Il sapore è piccante, soprattutto se fatto con latte caprino; il profumo è intenso e aromatico.

Come detto, l’Ambra di Talamello viene stagionata in fosse: questa fase dura tre mesi e dona a questo formaggio gusto e profumo.

L’Ambra di Talamello, considerato formaggio da meditazione perché va assaporato lentamente per gustarlo al meglio, si accompagna bene con frutta (fresca o secca), miele di acacia, confettura di fichi. Probabilmente però il miglior abbinamento è quello con fettine di pane alle noci o al miele. Una ricetta insolita è invece la meringa di Ambra di Talamello: montate a neve due albumi con sale e pepe bianco e unite l’Ambra grattuggiata; con una tasca da pasticciere fate dei fiocchi e cuocete in forno a 90 gradi per un’ora.

La cucina tex-mex

La cucina tex-mex è il prodotto di culture regionali della zona del sud-ovest degli Stati Uniti e del Messico. È una versione riveduta e corretta (ad uso americano, neanche a dirlo) della cucina messicana. È diffusa in Texas, Arizona, Nuovo Messico e in buona parte del Nevada e della California meridionale.

La maggior parte dei piatti tex-mex ha come base le tortillas di farina di granoturco, i fagioli, salse piccanti a base di peperoncino, pomodori, cipolla, formaggio e chili di carne.

La carne viene solitamente tagliata a pezzi o tritata; inoltre viene spesso marinata, al fine di renderla più tenera e saporita.

La cucina tex-mex è il risultato della fusione di culture gastronomiche diverse. In principio erano gli Indios, che lasciarono la loro eredità a Maya e Aztechi, oltre che ad altre popolazioni che hanno contribuito alla cultura culinaria, coltivando mais, cacao, pomodori, peperoncini, patate, fagioli: insomma, quelli che sono gli ingredienti base della cucina tex-mex. I conquistatori spagnoli portarono dall’Europa ingredienti come frutta, verdura, formaggi e – soprattutto – farina di grano che subito iniziò ad essere usata dai messicani per preparare le tortillas di grano. La fusione di prodotti e culture, unitamente alla influenza delle popolazioni locali, diede vita alla cucina tex-mex così come la conosciamo.

Quanto prima contiamo di proporvi alcune ricette tex-mex.

Solo il Parmigiano Reggiano può essere chiamato Parmesan

Come riporta Repubblica.it, la Corte di giustizia europea ha stabilito che solo il Parmigiano Reggiano DOP (Denominazione di Origine Protetta) può essere venduto con la denominazione “Parmesan”.

Si tratta senza dubbio di un’ottima notizia, anche se gli organi di controllo cui incombe l’obbligo di assicurare il rispetto delle Dop sono quelli dello Stato membro da cui proviene la Dop medesima: l’Italia, quindi. Ne saremo capaci?

Quarta gamma

Grazie a Bistrot Chez Maurice scopro un interessante articolo sui prodotti di quarta gamma.

Si parla di verdure pronte per l’uso, prezzi e tempo. Insomma, cose che interessano tutti.

Si chiama “Quarta Gamma” e non è un’astronave. Serve comunque a entrare nel futuro, per capire come saranno le tavole degli italiani. Un futuro che è già cominciato e che rende felici i venditori di lattuga, scarola, riccia, rucola e insalate varie. «Quarta Gamma – spiega Juri Cervi, direttore del supermercato Conad di viale Silvani – è la verdura già selezionata, lavata e pronta per la tavola. Basta aprire la busta e mettere in tavola. Manca solo il condimento. Anche da noi la Quarta Gamma sta andando molto forte. Con il 60% delle vendite, ha superato abbondantemente l´insalata a caspo».

Leggi tutto l’articolo, incluso il commento di Carlo Petrini (e ovviamente anche quello – interessante come sempre – su Bistrot Chez Maurice!).