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MOBA, ristorante a Villa Bardini di Firenze

Moba di notte
Moba di notte

Quest’estate, a Firenze, ha inaugurato un nuovo ristorante di pesce.
Incuriosita dalla location – sopra un museo recentemente ristrutturato – ho deciso di provarlo. Già nel nome si capisce la vocazione artistica: MOBA, Monumenti Bardini, non distante dal Museo Bardini.

La posizione è strepitosa: davanti al Forte Belvedere, ha una terrazza su Firenze più o meno allo stesso livello del Piazzale Michelangelo (ma più orientata verso Firenze Sud) e confina con il giardino Bardini, classico esempio di giardino all’italiana con siepi e vialetti.

Al piano superiore la Terrazza Bardini propone aperitivi, al piano inferiore la cena.
Non potevo non cominciare con un aperitivo: ho bevuto un mojito ben fatto, servito con un vassoietto di assaggini tra cui spiccava un leggero cous cous, uno spiedino di salmone, un gazpacho e una mousse di melone con dadetti di prosciutto crudo, serviti in due bicchierini.

Non ho fatto il bis a malincuore e sono scesa al piano di sotto per la cena.
E’ un ristorante di pesce (per quanto nel menu ci sia anche la carne e un piatto vegetariano) quindi mi sono lanciata in una cena tutta di pesce.
Come antipasto ho preso un mix di cruditè: tonno rosso pinna gialla di Sicilia, scampi e branzino. Accompagnati da un’insalatina e pomodori. Deliziosi.
A seguire ho preso un classico: spaghetti alle vongole veraci. Ottimi e saporiti.
E per finire una fritturina leggera di gamberi e calamari con verdure. Davvero leggera e croccante. Non mi ha appesantito per niente.

Come vino mi sono fatta consigliare. Mi hanno servito un vino siciliano abbastanza secco che a me è piaciuto molto: Aquilae Catarratto Inzolia, proveniente da Canicattì.
Un posto nel quale tornare.

MOBA Ristorante Bardini
Via Costa San Giorgio 6a, Firenze
tel. 055 2008444
www.moba.fi.it

Cucina giapponese: non solo sushi e sashimi

Nonostante molti occidentali pensino il contrario, nella cucina giapponese non esiste soltanto il sushi. In Giappone l’alimentazione, seppur semplice e diversa dalla nostra, offre molte varietà regionali e locali, con piatti e portate che non sono soltanto a base di pesce crudo e riso.

Oltre al sushi e al sashimi, in Giappone ci sono tante specialità culinarie di ottimo gusto.
Purtroppo molte non sono conosciute in Italia e può essere difficile trovarle nei menù. Ma se capita l’occasione consiglio di assaggiarle, soprattutto per coloro che amano provare gusti nuovi.

Fra i tanti piatti, non tutti presenti nei normali ristoranti giapponesi italiani, segnalo:

La Tempura: una leggera frittura di verdure e/o gamberi. Croccante e delicata.

Gli Yakitori: spiedini di pollo alla piastra, serviti con una salsa dolciastra.

Le zuppe: che si tratti di una miso shoru (ovvero una zuppa di miso con tofu, alghe e porro abbastanza salata) o di una zuppa contente soba (ovvero le sottili tagliatelle di grano saraceno) o udon (spaghetti di grano molto grossi), le zuppe vengono mangiate rumorosamente e bollenti. A volte ci si aiuta con il cucchiaio, spesso si usano le bacchette per prendere i pezzi o gli spaghetti e si beve dalla ciotola – come fosse una tazza – il brodo caldo.

Gli Onigiri (finora mai trovati in Italia): sono quei triangolini di riso fermati da un alga. Contengono un ripieno che può essere vegetale, di tonno, di salmone o con un umeboshi (prugna sottaceto). Sono famosi in Italia perchè si vedono spesso nei cartoni animati. Si mangiano come spuntini durante il giorno. Ottimi.

Gli Okonomyaki: anche questo introvabile in Italia ma famoso grazie agli anime giapponesi (sia in Ranma 1/2 che in Kiss Me Licia) viene spesso definito la pizza giapponese. In realtà è più simile a un omelette. E’ una specie di frittata cotta sulla griglia con una base di cavolo, farina, uova, oltre a ingredienti a scelta. Il cliente può cucinarserlo da sè sulla piastra rovente al tavolo o al bancone. Alla fine si può condire con una salsa apposita o maionese.

Il tofu: formaggio di latte di soia. Delicato ma poco saporito, ottimo se fresco, in realtà raramente è buono nei ristoranti giapponesi in Italia. Si può mangiare in molti modi. I più comuni sono fritto o tagliato a dadini e messo nelle zuppe.

E i dolci?
Purtroppo non c’è una grande tradizione culinaria per i dolci giapponesi. Molti spuntini dolci sono introvabili in Italia, ad esempio i buffi tayaki: dolcetti a forma di pesce con ripieno di marmellata di azuki (dolci fagioli rossi).
Più frequente trovare dolci europei in cui è stato inserito come ingrediente il te’ verde. Ad esempio il tirami su’ al te’ verde (ottimo) e le varie torte e gelati.

Ma su una cosa bisogna dare merito alla cucina giapponese: nella presentazione dei piatti.
Che si tratti di un bento (vassoietto per il pranzo a sacco) o di una cena al ristorante, i cuochi giapponesi cercheranno sempre di posizionare i vari piatti e piattini nel modo più curato possibile.

Sushi e sashimi

Da qualche anno in Italia è esplosa la moda della cucina giapponese: ristoranti giapponesi, aperitivi sushi e cene a tema da gustare con le bacchette.
Nonostante questo c’è ancora una certa confusione su quali siano i piatti tipici che provengono dal Giappone e su quale sia il modo più corretto per degustarli.

Il cibo più famoso è ovviamente il sushi.
Cos’è il sushi? sono piccoli pezzetti di pesce crudo (e non solo) con blocchi di riso (cotto con aceto di riso, zucchero e sale), da inzuppare nella salsa di soia, nella quale è stata stemperata una piccolissima dose di wasabi.

Il wasabi è quella salsina verde che accompagna molti piatti giapponesi.

Un piccolo ciuffetto di wasabi dal sapore molto intenso che se ingerito direttamente può provocare persino le lacrime agli occhi. E’ comune la scena degli italiani che non conoscendo questo ingrediente, lo ingurgitano come fosse maionese.
Il suo sapore molto intenso è però delizioso nel momento in cui si diluisce nella soia.
In italia lo si trova anche in tubetto, ma mi è capitato di vedere giapponesi che viaggiano con la radice e la grattugia, per usarne una quantità fresca all’occorrenza.

I tipi di sushi sono tanti: quelli che più attraggono gli occidentali sono i vari futomaki, hosomaki, uramaki… ovvero il sushi di forma cilindrica con una fascetta di alga scura – il nori – intorno al riso o all’interno come nel caso dell’uramaki. Uno molto amato dagli italiani è il california roll che si presenta colorato (per via del mix di ingredienti all’interno).

Poi ci sono quelli a forma di cono, sempre con l’alga intorno, che contengono vari ingredienti.
E infine, quelli che io preferisco, i semplici nigirizushi, ovvero i blocchetti squadrati di riso sushi con una puntina di wasabi e il pesce crudo appoggiato sopra. Fra i vari tipi di guarnizione: tonno (pregiato), salmone, polpo, uova di pesce, anguilla, gamberetti, frittata, avocado, cetriolo.

E il sashimi?
Il sashimi banalmente è il pesce crudo. Senza nient’altro. Ma la vera arte è la filettatura, ovvero il modo in cui viene tagliato (per arrivare a farlo nel modo corretto ci vogliono anni).
Per mangiare un buon sashimi conta tantissimo se il pesce è fresco e di qualità, oltre all’abilità del maestro sushi che sfiletta il pesce crudo.

In un piatto di sushi o sashimi, oltre al wasabi, ci sarà sempre anche qualche pezzetto di ginger: all’apparenza sembra prosciutto cotto, ma ha un sapore acre e pungente.
Il suo scopo è “ripulire” la bocca dai sapori, fra un piatto e l’altro.
Quello che si mangia in Italia può sapere di conservanti, ma quello originale giapponese è squisito.

I posti dove mangiare sushi in Italia (a volte anche semplici sushi bar) hanno importato l’impostazione giapponese dove i pezzetti di sushi sono disposti su piattini che girano sopra un rullo. I clienti possono scegliere direttamente dal rullo i piattini che preferiscono e il conto sarà in base alla quantità di piatti ordinati.

Cosa bere con il sushi?
Anche se in molti ristoranti c’è la possibilità di ordinare vino bianco, il sushi si accompagna o con il sake (freddo o caldo) oppure con il te’ verde bollente.

Pausa pranzo a Firenze

A Firenze non c’è molto l’abitudine di pranzare al ristorante. Spesso si preferisce fermarsi in un bar che fa piatti caldi. I bar sono così bene organizzati che non solo accettano i ticket restaurant, ma offrono di tutto ai loro clienti: primi piatti, secondi, contorni, pizza, insalatone. Ma la vera tradizione per molti lavoratori e studenti è mangiare per strada: fermarsi dal trippaio e farsi un panino.
Con cosa? Beh ovviamente con la trippa (in umido o in bianco), ma spesso il panino è col lampredotto.

Cos’è? Il lampredotto è una parte interna, diciamo quella più in fondo, dello stomaco della mucca. E’ una carne delicata e magra, bollita a lungo nel brodo (fatto di pomodoro e odori).

Nei chioschini per strada (spesso sono furgoni con le ruote) il lampredotto continua a bollire nel caldo per ore. In pieno inverno c’è gente che mangia per strada, apprezzando il calore che ne scaturisce.

Al momento dell’ordine, il trippaio tira fuori dal pentolone una porzione, la sminuzza con ferocia sopra il tagliere e la infila nel pane, anch’esso intinto nel brodo per acquistare sapore. A richiesta può versare sopra un po’ di salsa verde o piccante. Mangiarlo senza sbrodolarsi è praticamente impossibile. Ma proprio quello è il bello! Lo si accompagna col classico bicchiere di vino rosso toscano.

In alternativa il trippaio può servire il lampredotto nella vaschetta. Questa è la versione originale.

Poi, ovviamente, come tutte le cose, ci sono le varianti: il lampredotto in inzimino, con i porri o i carciofi, con la ribollita. E c’è anche la trippa, la poppa, la zampa… ma prima è necessario assaggiare
il miglior lampredotto di Firenze. Soltanto dopo vale la pena provare altre specialità!