La qualità dei cibi che mangiamo – l’olio extravergine di oliva

Eccoci alla terza puntata della nostra serie sulla qualità dei prodotti che compriamo al supermercato, e non solo, per le nostre tavole. Stavolta parliamo dell’olio extravergine di oliva

Una premessa. Parliamo dell’olio prodotto in Italia, perché dell’olio che si produce all’estero, nulla si può dire o controllare, perché esistono forti differenze di normativa e la nostra rende obbligatorie ben poche indicazioni sull’etichetta. In sostanza, salvo l’assaggio, non abbiamo molte possibilità di controllo. Ovviamente si potrebbe far analizzare in laboratorio, ma non credo che per tutti noi questa sia una possibilità reale.

Iniziamo dalle campagne in cui gli ulivi crescono.
Un organismo, l’ ICEA, controlla la qualità e la corrispondenza alla norma delle condizioni ambientali, soprattutto in relazione alle foglie, all’uso dei pesticidi, ai diserbanti ed ai concimi chimici. L’apposizione della corrispondente certificazione, quindi, è un attestato di qualità che se non ha valore legale, sicuramente da un’indicazione di merito.

La DOP (purtroppo il sito è ancora in costruzione), invece, tutela l’origine del prodotto chiamato col nome in esame. Un alimento siglato DOP, quindi, deve essere stato prodotto necessariamente nella regione cui il nome è associato. Nel caso dell’olio extravergine d’oliva, la cosa è particolarmente importante perché la zona di origine contribuisce moltissimo alle sue caratteristiche. La cosa è così importante, che normalmente occorre andare ancora più in profondità. La semplice regione o provincia non basta. Spesso conta persino l’appezzamento (come nel caso dei grandi vini).

Altri parametri controllati sono l’acidità (la parte laterale della lingua ne è sensibile), la presenza di perossido, la densità. Tali parametri hanno un valore massimo fissato per legge. Le indicazioni in etichetta non potrebbero certo riportarne valori superiori, quindi leggerle ha senso solo ai fini di una comparazione.

Utile sapere che Sloowfood, un’organizzazione mondiale che tutela gli interessi dei consumatori in termini di qualità, svolgendo azione di promozione e verifica. La guida omonima indica ogni anno gli oli migliori, rappresentando, quindi, un sicuro punto di riferimento.

Passiamo, a questo punto, ad alcune considerazioni che possono essere utili a chi deve scegliere un olio extravergine d’oliva, sapendo che il controllo si potrà fare, purtroppo, a bottiglia aperta. Se l’olio non piace, quanto meno non si comprerà più!

L’odore – deve essere assente da difetti, non sapere di rancido, muffa o legno. L’ossidazione di acidi grassi da origine al fenomeno dell’avvinato (sentore vago di vino o di aceto).

Il gusto – non devono esservi difetti sensibili (potrebbe essere rancido) e non deve essere eccessivamente dolciastro. In questo secondo caso, l’olio sarebbe probabilmente ossidato ed acido.

Il colore – non ha influenza sulla qualità, anche se dovrebbe essere giallo oro o verde. Quello verde, se naturale, dovrebbe essere più pregiato in quanto prodotto con olive raccolte all’invaiatura (il momento in cui cambiano colore), con forti diminuzioni di resa.

Trasparenza – il fatto che un olio sia del tutto trasparente (probabilmente perché è stato filtrato) o sia torbido è solo dato da scuole di pensiero diverse. In termini qualitativi, non vi sono differenze.

Profumo – l’assenza di odori e profumi, lungi da quanto si possa credere, in realtà è un fatto positivo. La presenza di profumi, seppur interessante e gradevole, non necessariamente è sintomo di qualità, essendo alto il rischio di manomissione (difficilmente riscontrabile, per altro). In generale, l’olio di oliva non ha odori, in quanto l’oliva stessa non ne ha. Gli odori e profumi, in realtà, sono quelli del contesto in cui si inscerisce (erbe, fiori, piante, aria, ambienti di conservazione). Anche la deodorazione può essere artificiale. La cosa è rilevabile per il fatto che qualche settimana dopo l’apertura della bottiglia, gli effetti svaniscono ed i difetti riemergono.

Untuosità – all’assaggio, l’olio non deve lasciare una sensazione di grasso in bocca. Si suol dire che questa deve restare come se si fosse bevuto dell’acqua.

Un buon processo di produzione dovrebbe prevedere la macinazione (o macinatura, come dicono alcuni) delle olive entro le 24 ore a temperatura costante di 18 gradi ed assenza d’aria.

Per quanto riguarda le etichette, la legge prevede questa scaletta, in ordine inverso di qualità:

– Olio extravergine
– Olio di oliva di categoria superiore
– Olio vergine
– Olio di sansa
– Olio di oliva

Riguardo agli aspetti salutari, il rischio peggiore deriva dall’accumulo di componenti cancerogeni per la presenza di pesticidi.

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Ringrazio la sig.ra Maria Minervini di Marcinase Azienda Agricola Ing. Gregorio Minervini di Molfetta (BA), per la preziosa consulenza nella realizzazione di questo articolo e per la passione che ha saputo trasmettermi in più di un’ora di telefonata.

Il primo articolo, contenente l’indice, è La qualità dei cibi che mangiamo.

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